Il contributo della Gran Loggia Liberale al Colloquio del CLIPSAS – Istanbul, maggio 2023

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GLOBALIZZAZIONE E CONFLITTI INTERNAZIONALI E LORO IMPATTO PROFANO E MASSONICO

L’attuale fenomeno sociale della globalizzazione presenta molteplici sfaccettature. Si potrebbe paragonare ad una gemma di cristallo sintetico che, seppur meno preziosa di un diamante naturale, sembra avere la stessa capacità di catturare la luce di un vero diamante, restituendola a chi la osserva attraverso accattivanti bagliori di intensità variabile. Le due gemme, quella vera e quella sintetica, possono sembrare simili, se non addirittura identiche. Tuttavia, nel tempo la gemma sintetica, al contrario di quella vera, perde lucentezza e trasparenza.

Così il modello attuale di globalizzazione non sembra brillare della luce interiore, quella generata dall’aspirazione alla pace sociale e alla universalità del genere umano, derivante da un desiderio di libertà collettiva e di fratellanza tra popoli e Paesi, bensì una fioca luce generata da interessi economici e finanziari di potenti oligopoli, favoriti da una dilagante perdita di valori e di senso morale. In questa distorta scala di valori i diritti umani e gli interessi dei più sono posti in secondo piano rispetto agli interessi di pochi.

Se si analizzano i principali aspetti economici, sociali e politici dell’attuale fenomeno della globalizzazione secondo il modo massonico di interpretare la realtà, si può subito notare un difetto fondamentale: la mancanza di regole condivise per gestire un sistema così complesso. La prima regola dovrebbe essere basata su l’“uguaglianza”, elemento fondamentale e unificante del trinomio che ispira da oltre due secoli la Massoneria adogmatica e liberale.

La giusta pretesa delle singole nazioni di disporre degli stessi diritti per partecipare in modo paritario al progetto di globalizzazione dovrebbe essere supportata dalla garanzia che si rispettino precisi doveri e obblighi. Questi ultimi possono ridursi essenzialmente a tre: il primo è il riconoscimento della dignità di ogni persona, a prescindere dall’etnia, dal sesso e dalla religione d’appartenenza; il secondo è l’impegno a dotarsi di regole condivise e ispirate ai principi morali fondamentali di ogni società libera e democratica, coerentemente alle leggi nazionali e alle indicazioni delle grandi Organizzazioni Internazionali; il terzo è la  piena applicazione dei diritti sindacali che salvaguardano la dignità, la libertà e la sicurezza di chi lavora sia per produrre sia per distribuire all’interno del “mercato globale” il frutto della propria fatica.

Invece l’apertura dei mercati è avvenuta solo dopo semplici “dichiarazioni di intenti” e fumosi impegni assunti per la salvaguardia dell’ambiente e per l’applicazione delle leggi e delle normative internazionali.

Le indicazioni tese ad allargare le maglie delle barriere doganali sono state applicate in tutta fretta consentendo così pratiche commerciali scorrette, tese a conquistare importanti mercati, e favorendo speculazioni finanziarie che rischiano d’alterare equilibri faticosamente raggiunti, a discapito dei risparmiatori.

La liberalizzazione degli scambi internazionali ha favorito solo le economie in espansione e creato pericolose concentrazioni commerciali che, attraverso i moderni canali di comunicazione, hanno regolato il mercato nel loro esclusivo interesse.

Infine, la visibile carenza di regole etiche condivise ha favorito la così detta “esternalizzazione” di fiorenti industrie occidentali, detentrici del know-how indispensabile per garantire la qualità della produzione, poi ceduto, in base a miopi strategie, ad una sleale concorrenza che persiste nel calpestare i basilari diritti umani.

E’ svanito così il sogno di un confronto paritario tra culture diverse, di una semplificazione dei sistemi di trasporto delle merci per garantire la qualità e la convenienza dei prodotti. Il “mercato globale” s’è trasformato piuttosto in un campo di battaglia commerciale dove astuti miliardari, favoriti da una tassazione privilegiata, e nazioni autoritarie hanno imposto le loro regole.

Il rafforzamento dell’interdipendenza tra popoli diversi per storia, collocazione geografica, religione, consuetudini di vita e tradizioni, avrebbe dovuto costituire, nelle intenzioni dei sostenitori della globalizzazione, la base per costituire una società “nuova”, meno legata ai canoni egoistici e nazionalistici del passato e più propensa ad abbattere muri, ad abolire i confini e superare quegli ostacoli che in un recente passato avevano originato conflitti locali e mondiali.

La società “nuova”, per i più ottimisti, sarebbe diventata quel “luogo perfetto” auspicato dai “sognatori” di ogni epoca ovvero intellettuali illuminati, alti rappresentanti religiosi e grandi personalità che dichiarano d’ispirarsi ad una visione universale e solidale dei rapporti tra gli esseri umani.

Secondo questa ottimistica visione le guerre sarebbero sparite, le sinergie economiche avrebbero creato ricchezza per tutti, la condivisione delle soluzioni per risolvere le problematiche ambientali avrebbe preservato il pianeta dal decadimento, il confronto aperto tra culture sarebbe stato il volano per condividere un’etica comune fondata sui principi della democrazia liberale e rispettosa dei diritti della persona.

Purtroppo, invece, la forbice tra le felici aspettative generali e la drammatica realtà dei fatti si sta velocemente allargando creando nei popoli coinvolti in questo epocale cambiamento uno stato di cronica insoddisfazione, di paura per il futuro e di cupa rassegnazione.

I conflitti stanno dilagando dappertutto, persino nel cuore dell’Europa, sotto la spinta di ambizioni imperialistiche portate avanti da insaziabili autocrati, del cieco furore religioso, di tendenze neo-utopistiche che sostengono la “decrescita felice”, la cancellazione del passato e colpevolizzano l’Occidente per avere favorito un progresso scientifico e tecnologico troppo avanzato per essere “sostenibile”.

Il quadro odierno appare desolante. L’Ucraina è stata invasa dalla Russia, pagando un insopportabile costo di vittime innocenti e subendo la permanente minaccia dell’uso di armamenti nucleari.

La democratica Taiwan, ultima enclave liberale del popolo cinese, vive nel terrore per l’attesa di un’invasione annunciata.

Afghanistan e Iran subiscono l’onta di sanguinose persecuzioni da parte di teocrazie intolleranti ed assolutiste che arrestano e condannano a morte intellettuali, donne e omosessuali.

Il vicino Oriente è dilaniato dall’eterno confronto armato tra gli estremisti del mondo arabo e lo Stato d’Israele.

In Africa sono poche le nazioni governate da regimi democratici e immuni da antistoriche guerre tribali. In Myamar una dittatura militare massacra i sostenitori della democrazia e imprigiona un premio Nobel per la pace.

La Corea del Nord è governata da una dinastia dispotica e paranoica.

In Sudamerica alcuni popoli vivono ancora sotto governi totalitari.

A questo desolante quadro conflittuale si aggiunge il pericolo incombente di un cattivo uso del progresso scientifico e tecnologico in ambito sociale e economico.

Questo cambiamento epocale piuttosto che generare buoni frutti rischia di ingoiare la luce del progresso sociale, della crescita economica e dei valori della tradizione. In modo lento e inesorabile la distribuzione della ricchezza ha favorito l’arricchimento di pochi, l’impoverimento della classe media, la scomparsa del piccolo commercio e dell’artigianato, la crescente rassegnazione delle giovani generazioni.

Con queste premesse il ceto medio, in via di estinzione, sarà sempre più attratto da coloro che si faranno portatori di un conservatorismo nazionalista e protezionista, contrario ad ogni forma di internazionalismo e fondato sull’istinto primordiale di “salvare il salvabile”.

La Massoneria, come altre istituzioni ispirate a valori universali e ad antiche tradizioni iniziatiche che credono nella spiritualità dell’Uomo, sta subendo le conseguenze nefaste della crisi appena descritta. La Massoneria liberale e adogmatica subisce gli attacchi del “pensiero unico” imposto da chi vuole chiuderla nel “ghetto del passato” per rendere inefficace la sua naturale propensione all’innovazione e al progresso.

Le comunità massoniche stanno soffrendo di un evidente calo di potere attrattivo sulle nuove generazioni e di una sempre più ridotta attenzione dei propri adepti ai valori etici e morali.

I giovani di oggi vedono i massoni come un’accolita di anziani affaristi che indossano buffi grembiulini e si prestano a riti macabri e vetusti.

E’ una valutazione superficiale, sostenuta da coloro che temono l’impegno civile degli iniziati, persone libere storicamente protagoniste dei più grandi cambiamenti sociali degli ultimi secoli.

Purtroppo, questa opinione negativa è rafforzata dal comportamento di una parte minoritaria e pigra della massoneria che teme di rinnovarsi e crescere intellettualmente e non è in grado di adeguare gli antichi riti ai tempi moderni e di svolgere al meglio l’opera di proselitismo.

In effetti se i massoni rinunciassero al ruolo di “persone che tentano di perfezionarsi per contribuire al miglioramento della società in cui operano” sarebbe tempo perso sostenere l’utilità della sopravvivenza nel terzo millennio di questa plurisecolare istituzione.

Se i massoni non crederanno nell’opportunità d’impegnarsi in una battaglia epocale rischieranno di ritrovarsi nella foresta dell’Utopia, accanto a catastrofisti, nichilisti, sedicenti ecologisti, terrapiattisti e negazionisti di ogni genere, tutti uniti nell’illusione di trasformare il mondo in un luogo meraviglioso dove tutti sono uguali, dove si utilizza solo quel poco che basta per sopravvivere, dove il denaro è bandito, ma soprattutto, dove le promesse della globalizzazione selvaggia – benessere, libertà e felicità – possono finalmente realizzarsi.

Un luogo così “perfetto” probabilmente non potrà mai esistere su questa Terra. Senza rinunciare all’ innato desiderio di ogni iniziato di inseguire il sogno della “perfezione” occorre ammettere che l’umanità è composta da esseri imperfetti che vivono in un mondo altrettanto imperfetto con scarse speranze di una futura perfettibilità.

Se ci si proietta in una dimensione utopistica occorre porsi una domanda: è accettabile per un uomo o per una donna limitare il proprio libero arbitrio e delegare ad altri le proprie scelte di vita per raggiungere un obiettivo di presunta giustizia sociale e di presunto benessere del pianeta?

Il massone non può confondersi con l’utopista: dietro ogni sogno utopistico incombe l’incubo dell’illiberalità e della tirannia.

Il massone innanzitutto è (e deve rimanere) un “crociato della libertà”, un inflessibile nemico delle utopie, un difensore accanito della democrazia liberale. Pagherà un alto prezzo per questa sua irrinunciabile scelta. Dovrà lottare per sopravvivere in una società maldestramente “globalizzata” e inquinata da una conflittualità permanente.

Il millennio appena iniziato rischia di rappresentare lo scenario ideale in cui potrebbe agire il Grande Inquisitore, prospettato da Dostoievskij, l’unico e definitivo Garante dell’asservimento dell’individuo in nome e per conto della “felicità collettiva”.

Un profetico Aldous Huxley così fa parlare un personaggio del suo capolavoro del 1932 “Il mondo nuovo”: “Le utopie appaiono oggi più realizzabili di quanto non si credesse un tempo… La vita marcia verso le utopie. E forse un secolo nuovo comincia. Un secolo nel quale gli intellettuali e la classe colta penseranno ai mezzi d’evitare le utopie e di ritornare ad una società non utopista, meno “perfetta” e più libera”.

Se il massone si trovasse davanti ad un bivio dove campeggiano due frecce contrapposte – dove sull’una è scritto “promessa di raggiungere la perfezione” e sull’altra “certezza di battersi per la libertà” – dovrebbe, senza esitazione, scegliere la seconda direzione. Dovrà farlo armandosi di pazienza e tolleranza senza rinunciare mai alla determinazione indispensabile per difendere la libertà dell’individuo e dei popoli. Se invece scegliesse la prima precipiterebbe, prima o poi, nel “buco nero” dell’omologazione e dell’asservimento ai potenti di turno. Una società “globalizzata”, senza regole certe, priva di etica, illiberale porterebbe l’umanità solo a nuove catastrofi ed in uno stato di perenne conflittualità. Il sogno di incamminarsi verso la “perfezione” svanirebbe definitivamente. Per tutti.

 

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