10 febbraio: il Giorno del Ricordo

/, News/10 febbraio: il Giorno del Ricordo

Ho appena ricevuto il suggerimento dal nostro G\M\ Marco Galeazzi di scrivere qualche riflessione sul Giorno del Ricordo. Gli sono grato per il pensiero e per la fiducia, che mi servono soprattutto a forzare il riserbo doloroso dei ricordi personali.

È stata una legge istitutiva, doverosa, che è andata a sanare in piccola parte il debito morale e storico della Madrepatria verso tanti cittadini italiani che, alla fine della sciagurata Seconda Guerra Mondiale – che per Trieste e l’Istria è durata non sei, ma quindici anni -, hanno pagato un conto salatissimo in beni, affetti e sangue, a nome e per conto di tutti.

Si potrebbero fare o riprendere studi e riflessioni su mille cose: sulla grande e piccola politica, sul “Drang nach Westen” che dal Placito del Risano del 804 d.C. è realtà storica in queste terre, constatando che l’esodo di popoli nell’Europa Orientale, alternativamente verso est e verso ovest, è stata la regola piuttosto che l’eccezione; i trecentomila istriani e dalmati si dovrebbero confrontare con i tre milioni di tedeschi dei Sudeti sloggiati dalla sola Cecoslovacchia o con la Polonia, spostata ripetutamente di centinaia di chilometri, abolita e ricostituita. Ma questa oltre che storia, è politica; anzi, la storia scritta dalla politica.

Tutt’altra natura hanno i sentimenti di sradicamento dalla propria terra natale, dai luoghi dell’infanzia e della giovinezza, dalle tombe dei propri familiari, con il valore che avevano quando i morti venivano onorati e non smaltiti. Ma oltre all’attaccamento ai propri beni, ai campi coltivati per generazioni, alle case costruite con le proprie mani, la privazione più dolorosa è stata la distruzione repentina del tessuto sociale, con i ruoli, le amicizie ed i rapporti personali, recisi e dispersi. Comunità annientate e sparpagliate in campi profughi, e poi in giro per l’Italia, in Canada o in Australia: esuli, nudi e crudi.

Ma dal punto di vista dei Liberi Muratori, quali sono gli elementi da porre al centro della nostra riflessione? Certamente dovremmo chiederci “perché?”. Troppo banale parlare di buoni o cattivi sentimenti, decisamente vana qualsiasi attribuzione di colpe o meriti, anche perché la storia non si giudica, ma si studia. E la prima constatazione è che la Storia non è mai finita; lo sguardo retrospettivo ha senso solamente se serve a cogliere i segni del futuro: di un domani fatto di ragionevoli possibilità piuttosto che di comode e pavide presunzioni.

Sarà stata colpa delle differenze culturali, dei nazionalismi esasperati, che dalla prima metà dell’Ottocento hanno animato vivamente anche i popoli di questa grande area, delle ideologie politiche, dimostratesi assurde in pochi decenni, della brama di dominio e di possesso che non è mai mancata; comunque, si è totalmente manifestata l’incapacità di riconoscersi umanamente e di rispettare le ragioni della vita degli altri.

Questo rispecchiarsi nel prossimo, è in realtà al cuore della nostra via iniziatica, e consiste nel leggere negli altri la nostra stessa umanità; ma dobbiamo francamente dirci che – di là dal “sarebbe bello se” – si tratta di una sensibilità rara, che va amorevolmente ed intelligentemente coltivata e riguarda una piccola minoranza di persone, che non sono né più buone né migliori, ma semplicemente “più uomini”. Una “razza dello spirito” – oggi come ieri – più che mai necessaria.

Loggia Tergestum n. 21 – Oriente di Trieste                   Il Maestro Venerabile

10 febbraio 2021.

error: Contenuto protetto.